Ferrara

Giuseppe Chittò Barucchi (Ferrara 1817 – 1900), Piazza del Mercato a Ferrara; olio su tela, cm 43 x 62 Giuseppe Chittò Barucchi (Ferrara 1817 – 1900), Piazza del Mercato a Ferrara; olio su tela, cm 43 x 62 Ferrara, Museo dell’Ottocento

Dopo essere stata la capitale dell’esteso Ducato estense, Ferrara aveva conservato la propria identità di capoluogo. Le mura che la racchiudevano, già fortemente guastate nei secoli XVII e XVIII, subirono ancora numerosi interventi che modificarono sia la loro funzione, sia il tessuto urbano. Il periodo napoleonico aveva inciso profondamente sulla struttura della città storica, basti pensare alla confisca e successiva vendita dei beni ecclesiastici e alle destinazioni d’uso di chiese e monasteri, trasformati perlopiù in quartieri militari. Molti degli edifici religiosi che costellavano Ferrara vennero demoliti tra l’Ottocento e primi anni del Novecento (solo qualche esempio: Ognissanti, tra via Vegri e via del Mercato, 1806; Sant’Agostino sulla via Coperta, 1813; San Tommaso presso il “Montagnone”, oggi viale Alfonso I d’Este, 1836; Santa Lucia Vecchia in via delle Vigne, 1860) a volte per essere incorporati in fabbricati di abitazione civile (come l’antichissima chiesa di Sant’Alessio in via Porta San Pietro, distrutta nel 1904; quella di Santa Maria Novella dei Battuti Bianchi nel borgo di Sotto, prima ridotta a bettola dal 1804) e pubblici (es. la chiesa di San Silvestro demolita per far posto al nuovo ospedale Sant’Anna, la cui prima pietra fu posata da Vittorio Emanuele III nel 1910) o a seguito di eventi avversi (es. la chiesa di Santa Maria degli Angeli in via Piopponi, devastata da un incendio nel 1805).

L’applicazione del provvedimento legislativo (12 giugno 1804) che imponeva la collocazione dei cimiteri fuori dai centri abitati, di fatto provocò l’isolamento del quadrante nord-est della città, quello dell’addizione di Terranova o erculea, lasciando decentrata la piazza Nova (piazza Ariostea, sulla cui colonna centrale fu collocata nel 1833 la statua di Ludovico Ariosto), dove non si tenne più il mercato del bestiame, spostato in altre zone, dagli orti di Schifanoia al Montagnone, dai rampari di San Paolo alla piazza suburbana di San Giorgio.

Mentre avevano già preso avvio i lavori per adattare a camposanto la vasta area dell’ex convento della Certosa abbandonato dai monaci a seguito delle soppressioni napoleoniche, ad apertura già avvenuta, nel 1813, fu affidato al marchese Ferdinando Canonici il progetto del cimitero comunale, pubblicato nel 1851 e realizzato in parte, con modifiche successive, durante il XIX secolo (la sistemazione definitiva avverrà nel 1933, sotto la direzione dell’ing. Carlo Savonuzzi). Poco distante era l’“orto degli Ebrei”, in via delle Vigne, area di proprietà della comunità ebraica ferrarese fin dal XVII secolo, destinata a cimitero (sistemato e ampliato nel 1910), al quale ancora si accede attraverso un maestoso portale in granito progettato dall’ing. Ciro Contini (ca. 1912).

I simboli del progresso erano comparsi a Ferrara dalla metà dell’Ottocento: data infatti al 1859 l’inaugurazione della linea ferroviaria Ferrara-Bologna, mentre il primo saggio di luce elettrica illuminò la piazza della Pace la sera dell’11 luglio 1857 – durante i festeggiamenti per la visita di papa Pio IX Mastai Ferretti – evento accompagnato da un’inattesa scossa di terremoto, da alcuni interpretata come effetto causato dalle lampade senza fiamma e senza stoppini. La luce del gas arrivò il 24 dicembre 1861; nel 1868 fu completata l’illuminazione della Giovecca mentre procedevano le prove in altre zone della città.

A cavallo dei due secoli la maglia urbana si stava velocemente trasformando. La stazione ferroviaria (1862) divenne il fulcro del nuovo ordine viario, presso il quale crescevano depositi, magazzini, strutture industriali. Dopo i lavori di tombamento del canale Panfilio, conclusi nel 1880, il “viale della stazione” (viale Cavour per delibera del Consiglio comunale del 17 febbraio 1883) che entrava nel cuore di Ferrara fino al Castello, divenne l’accesso privilegiato alla città, costeggiato dai villini borghesi in costruzione – villa Melchiori (all’attuale civico 184), 1904; villa Amalia (194), 1905; palazzina Finotti (112), 1908, progettate da Ciro Contini; villa Fano (149), 1912, su progetto di Domenico Barbantini e Antonio Mazza –, dall’edificio dei bagni pubblici (progettato nel 1899), da locali di ristoro e da giardini. L’area verde a fianco del Castello, di dimensioni maggiori rispetto all’attuale, sorse nel 1873, ricca di essenze arboree e con una fontana; il monumento dedicato a Giuseppe Garibaldi, opera dello scultore cesenate Tullo Golfarelli, vi fu collocato nel 1907.

Frattanto, a seguito della legge Luzzatti (n. 251 del 3 maggio 1903) che fissava la nascita dell’Istituto per le Case Popolari e consentiva ai Comuni di sostenere l’“edilizia economica e popolare”, sorsero case “operaie” fuori Porta Mare (1906) e di fronte alla stazione ferroviaria (1910), presso il canapificio Sinz. La collaborazione del Comune con il citato Contini, iniziata nel 1902, produsse, tra altro, il piano per la sistemazione dell’area dove sorgeva la Fortezza (demolita nel 1859), che portò alla nuova urbanizzazione del “Rione Giardino” negli anni Venti del Novecento.

Nello stesso 1902 era stato introdotto il tram a cavalli che collegava la stazione ferroviaria al centro; alcune linee furono elettrificate a partire dal 1910: il tram elettrico aprì la città verso il territorio favorendo nuovi insediamenti residenziali e produttivi. In quegli anni i servizi ebbero un notevole incremento con la costruzione dell'acquedotto (1890), della Poliambulanza in via Piangipane (1909), della centrale termoelettrica (1910) nel borgo di San Luca (attuale via Putinati), del palazzo della Cassa di Risparmio (1907-10) fondata nel 1838 e del già ricordato nuovo arcispedale Sant’Anna (1910) in corso Giovecca, del teatro Verdi (1913), delle scuole elementari di Quacchio (1910-14).

Il 25 marzo 1912 venne inaugurata la tramvia elettrica Ferrara-Pontelagoscuro, centro che già dagli ultimi anni del XIX secolo giocava un ruolo primario per la localizzazione delle industrie di trasformazione, grazie alla vicinanza del Po navigabile e al ponte della ferrovia (1904) che collegava la “città sul fiume” alla sponda veneta. Alle porte di Pontelagoscuro fu costruito nel 1900 l’imponente edificio, ancora visibile, della “Raffineria Ferrarese-Ligure” (meglio noto come “Zuccherificio Eridania”), mentre al 1899 data la realizzazione del fabbricato dello “Zuccherificio Agricolo Ferrarese” sull’Argine Ducale (ora sede della Facoltà di Ingegneria), in una posizione strategicamente importante per i trasporti, non lontano dalla stazione ferroviaria e da uno scalo sul canale di Volano-Burana, altro snodo strategico per il trasporto e il commercio via fiume.

Uno sguardo, infine, al cuore della città storica. La “piazza” in cui Ferrara si era da sempre identificata era quella delle Erbe (piazza Trento e Trieste dal 21 gennaio 1919), il Verzaio, luogo del mercato della frutta e della verdura ai lati del listone, il “viale” sulla strada costruito nel 1846. Attorno alla piazza, da secoli, si affollavano botteghe, banchi, trabacche, osterie e locande nelle strade della quotidianità ferrarese. Tra gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento un “cantiere di piazza” coinvolse in progetti di trasformazione – più o meno compiuti – il palazzo della Ragione (1831-40) e l’antica loggia dei Merciai (1842-44), dove tradizionalmente avevano le loro botteghe (le strazzarie addossate al Duomo) i venditori di stoffe e lane. Il Verzaio aveva perso di importanza con l’entrata in vigore del Regolamento di polizia del 1850, che privilegiava come “salotto buono” – dove era proibito esercitare a macellai, pescivendoli e castagnari – lo spazio delle piazze che formavano l’attuale corso Martiri della Libertà: la piazza Commercio, dall’angolo del palazzo Arcivescovile presso il Duomo a via Cairoli (strada del Seminario); la piazza del Mercato, dal palazzo Arcivescovile al vòlto del Cavallo; la piazza della Pace, delimitata dal fossato del Castello e dall’angolo del teatro Comunale, tra via Cairoli e piazza Savonarola detta anche piazza de’ Camerini (ducali) e, dal popolo, piazza de’ Fiaccherai perché lì era la stazione delle vetture pubbliche inaugurata il 20 maggio 1858; la piazza della Cattedrale, il cui fianco meridionale costeggia il listone.

Il lunedì, il mercoledì e il venerdì si radunavano in piazza Commercio i possidenti e i commercianti di ritorno dal mercato suburbano di San Giorgio o da quello più piccolo dei rampari di Piangipane: in piazza o nella borsa di commercio definivano compravendite di derrate alimentari o di animali. Le quinte di scena delle piazze erano l’antico palazzo di Corte – con il vòlto del Cavallo orfano delle statue di Nicolò III d’Este e del figlio Borso (il rifacimento della facciata risale agli anni Venti del Novecento) – e il palazzo Arcivescovile, i cui piani terra erano adibiti, come oggi, alle più varie attività commerciali.

La vita delle piazze era ritmata dai rintocchi dell’orologio del Castello, che il 3 dicembre 1860 accompagnò anche la prima entrata di 7 professori e 35 studenti al Regio Liceo Statale (istituito il 2 dicembre 1860), situato nell’edificio di via Borgo dei Leoni oggi sede del Tribunale. Nel 1865 il liceo – che fino ai primi anni del Novecento contava tre classi e una settantina di studenti – fu intitolato a Ludovico Ariosto; il ginnasio vi fu aggregato nel 1909.

Al Verzaio, che nel frattempo aveva recuperato la propria identità di piazza “viva”, arrivavano gli odori, i rumori, gli umori, delle strade circostanti: dall’aroma del pesce fritto dai frizzún di San Romano al lezzo dello stallatico del palazzo del Goretto (ora vicolo mozzo Agucchie); dal trambusto della gente che si aggirava tra banchi, caffè e osterie ai preziosi riflessi delle vetrine della strada degli Orefici (primo tronco di via Cortevecchia); dal mormorio di chi si recava al teatro popolare di legno allestito nel cinquecentesco palazzo Montecatini di via Contrari, agli echi ovattati della tranquilla via Canonica e fino a quelli più vivaci della strada dei Sabbioni (via Mazzini) e delle vicine vie del laborioso Ghetto ebraico.

AG, 2011

Bibliografia

Gerolamo Melchiorri, Nomenclatura ed etimologia delle piazze e strade di Ferrara, Ferrara, Premiata Tipografia Ferrariola, 1918; Ferrara Disegnata. Riflessioni per una mostra, a cura di Marica Peron, Giacomo Savioli, Portomaggiore (Ferrara), Arstudio C, 1986; Lucio Scardino, Itinerari di Ferrara moderna, Firenze, Alinea, 1995; Alberto Cavallaroni, Giorgio Mantovani, Alfio Mascellani, Ferrara “illuminata”. Fonti, strumenti e servizi prima e dopo l’energia elettrica, Ferrara, Fondazione Carife, stampa Litografia Tosi, 2004; Angela Ghinato, La piazza viva, «Bollettino della “Ferrariæ Decus”», 27, 2011, pp. 33-64.

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