Nei primi dell'Ottocento si assiste in Italia ad una grande fioritura dell'edilizia teatrale. Ogni città anche piccola si dota di un teatro in forma di palazzo. Questo fenomeno si situa al crocevia di istanze sociali, politiche ed economiche, più che teatrali, ed ovviamente urbanistiche. Nel teatro si cerca un riflesso illusorio, congiuntivo, di una realtà sociale nei fatti assai arretrata. Ferrara in ciò si mostra coerente con il panorama dell'Italia pre-unitaria.
Il secolo XIX si apre in città con il nuovo teatro Comunale completato nel 1797, che si affianca ai già esistenti teatri Bonacossi e Scroffa non più in grado di soddisfare la domanda di spettacolo della città. L’idea di un nuovo teatro si affaccia già negli anni ’70 del secolo XVIII, ma la fabbrica del Comunale sia avvia solo nel 1786 e si protrae tra restauri e rifacimenti fino a tutto il secolo successivo. Affidata inizialmente all’architetto ferrarese Giuseppe Campana, l’opera procede alacremente anche per impulso del cardinal legato Francesco Carafa, fino a quando quest’ultimo viene richiamato a Roma e sostituito dal cardinale Spinelli. Con il nuovo legato comincia una lunga sequela di consulenze, alcune illustri come quella del Piermarini, e di dibattiti con continui rinvii e reincarichi al punto di rendere problematica una definitiva attribuzione di paternità. Le ipotesi più recenti attribuiscono ad Antonio Foschini il ruolo di progettista ed esecutore, mentre a Cosimo Morelli una fattiva ed incisiva supervisione della fabbrica. Nel settembre del 1798 il teatro viene finalmente inaugurato.
Eccettuati i periodi iniziali di rodaggio, il Comunale si assesta su due stagioni operistiche, a Carnevale ed in primavera in corrispondenza della Fiera, ed uno o due corsi di prosa in estate ed in autunno. La normalizzazione delle stagioni non spegne però la continua ed accesa dialettica fra impresari appaltatori e palchettisti, nel tentativo non sempre riuscito di trovare un equilibrio tra le possibilità finanziarie di una piazza secondaria come Ferrara e le legittime aspettative artistiche della città. Diverse sono le imprese che non riescono ad onorare i contratti e decidono di rinunciare, specialmente nel primo periodo, diverse le lamentele degli spettatori per la qualità e la tipologia degli spettacoli offerti. Si arriva anche in alcune annate a non riuscire ad appaltare il teatro a nessun impresario, facendolo gestire in economia a cittadini eminenti incaricati dalla municipalità.
Se il teatro Comunale vive le sue stagioni inaugurali con gli inizi del secolo, il teatro Scroffa invece affronta le sue ultime vicende. È del 1806 infatti un documento che attesta la volontà dei conti Scroffa di vendere il teatro, valutato intorno ai 6.000 scudi. Inaugurato nel 1692 per volere del conte Giuseppe Scroffa, il teatro era situato sulla via di San Paolo (odierno corso Porta Reno) e lungo tutto il Settecento era stato la sede privilegiata del teatro dei «comici», mentre il Bonacossi era dato principalmente allo spettacolo musicale. Una tale ripartizione per i due fino ad allora principali teatri della città era necessaria per evitare una sovrapposizione dell’offerta su una piazza tutto sommato esigua, a maggior ragione trattandosi di teatri privati. Il teatro Scroffa, interamente in legno, viene demolito nell’estate del 1810, tuttavia il luogo continua ad essere usato per spettacoli di equitazione almeno fino al 1835, come attestano diverse richieste alla Commissione pubblici spettacoli.
Vicenda più complessa e più duratura invece quella del teatro Bonacossi, anche questo sede storica dello spettacolo a Ferrara. Fatto costruire nel 1662 dal conte Pinamonte Bonacossi, il teatro era stato per tutto il Settecento la sede propria dello spettacolo musicale. Con una pianta originale a campana ed una dimensione sia del palcoscenico che della sala esigua, il Bonacossi all’inizio dell’Ottocento non risponde più alle nuove esigenze e ai nuovi gusti in materia di edifici teatrali. Così la struttura originale in legno viene ammodernata nel 1840 su committenza del conte Antonio Bonacossi. Si lancia quindi una vendita di azioni per l’acquisto dei nuovi palchi, mantenendo per i vecchi palchettisti il diritto di prelazione, così da poter finanziare i lavori per la nuova sala. La direzione del progetto viene affidata all’ingegnere comunale Giovanni Tosi, che si rifà alla pianta della sala del nuovo teatro Comunale, progettata da Foschini. Una pianta a ferro di cavallo dunque con quattro ordini di 19 palchi ciascuno – con l’eccezione del primo ordine con soli 18 palchi per far spazio alla porta centrale di ingresso. Il nuovo teatro in muratura viene infine corredato da altri ambienti di servizio, come sartoria, magazzino, luminaria, ecc. Il 13 aprile del 1846 si inaugura il teatro restaurato con l’opera buffa Il Columella di Vincenzo Fioravanti. Non si conclude però la vicenda restaurativa del Bonacossi nel corso del XIX secolo. Viene ripresa nel 1881 con l’introduzione dell’illuminazione a gas e dell’impianto di riscaldamento in tutti gli ambienti, oltre a vari altri lavori di ammodernamento, volti soprattutto a migliorare gli spazi per gli spettatori, con ristorante, caffè e locali per fumare ad ogni ordine di palchi. L’intento è quello di farne insomma una sala di compensazione e non concorrente rispetto all’attività del Comunale, con una forte impronta “sociale”, di spazio aggregativo: prova ne sia che le serate di veglioni mascherati, da ballo e le feste impegnano sempre più diffusamente il teatro.
Nella seconda metà dell’Ottocento la crescente domanda porta alla fondazione di due nuovi teatri: l’arena Tosi-Borghi e il teatro dell’Accademia filodrammatica. La costruzione di quest’ultima viene deliberata nel marzo del 1865. Si acquista pertanto lo spazio dell’ex chiesa di San Giovannino tra via Garibaldi e piazza Sacrati per convertirlo in teatro ad uso degli accademici. Tuttavia breve e travagliata è la storia di questo teatro, intrecciata a quella dell’Accademia e ai suoi problemi finanziari, conclusasi con l’esproprio e la vendita all’asta dello spazio nel 1882 per 6.800 lire (circa un ottavo delle spese tra acquisto e restauro).
L’arena Tosi-Borghi, situata nella piazza del mercato dei cavalli o piazza Nuova (oggi piazza Verdi), viene aperta al pubblico nel 1857, con platea scoperta, limitata da una ringhiera ed una sola galleria. Già nel 1860 si eseguono ulteriori lavori, con la costruzione della copertura e di una seconda galleria ed il rifacimento di scale e parapetti. Caduto il coperto a seguito di una nevicata nel 1871, viene prontamente ricostruito e per l’occasione si eleva il boccascena e si realizzano nuove decorazioni in stucco. L’arena Tosi-Borghi (dal nome dei coniugi proprietari), poi divenuta teatro Verdi, viene ampiamente rinnovata dagli ingegneri Fausto Finzi e Antonio Mazza nel 1912-13. Nel corso della sua vicenda storico-artistica, l'arena rimane sempre un teatro a forte vocazione popolare, luogo di ritrovo e di socializzazione. Come conferma già nel 1883 Aldo Gennari «nel Teatro Tosi-Borghi, ci si va come si vuole, si fuma, si chiacchiera, ci si trova in confidenza con gli amici, e nessuna etichetta obbliga a stare … sulle seste. Ogni spettacolo all’Arena … va sempre bene; la gente di ogni età e condizione ci corre, e ci si diverte».
DGL, 2012
(Domenico Giuseppe Lipani)
Bibliografia
Aldo Gennari, Il teatro di Ferrara. Cenni storici, Ferrara, Taddei, 1883; I teatri di Ferrara. Commedia, opera e ballo nel Sei e Settecento, a cura di Paolo Fabbri, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2002; I teatri di Ferrara. Il Comunale, a cura di Paolo Fabbri, Maria Chiara Bertieri, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2004.