Socialisti

frontespizio del primo numero de "La Scintilla", aprile 1896 frontespizio del primo numero de "La Scintilla", aprile 1896 collezione privata

Al di della ricorrente questione dei precursori, vale a dire delle correntisocialidei movimenti politici sette-ottocenteschi, dal giacobinismo alle rivoluzioni quarantottesche al Risorgimento, anche in Italia la storia del socialismo è la storia del rapporto fra intellettuali socialisti e movimento operaio. Alle origini della forza del socialismo italiano si trova l’“andata al popolodella prima generazione post-risorgimentale e lorganizzazione e radicalizzazione del mondo del lavoro, in un quadro europeo che vide nel corso del XIX secolo la rottura dellalleanza fra borghesia e movimenti popolari e pose il problema dellautonomia politica delle classi subalterne.

Anche a Ferrara, giovani studenti e lavoratori, come Augusto Bernardello, Pietro Lugli e Vincenzo Dondi, insoddisfatti delleredità mazziniana e garibaldina, abbracciarono gli ideali internazionalisti e diedero vita nel 1872 ad una Società dei lavoratori ferraresi, che pur oscillando fra marxismo e federalismo (cioè anarchismo), aderì allAssociazione Internazionale dei Lavoratori ed entrò in corrispondenza con Friedrich Engels. Più tardi pubblicarono anche un giornale internazionalista, il «Petrolio», e formarono nel 1876-77 un Circolo socialista, segretario Oreste Vaccari, vicino alle posizioni del gruppo dellaPlebedi Bignami e Gnocchi-Viani. La morte di Dondi, larresto di Vaccari e il suo successivo trasferimento a Milano, ma soprattutto il discredito gettato sui ferraresi dai loro legami, pur inconsapevoli, con la spia Terzaghi, portarono alla crisi e alla dissoluzione il primo gruppo socialista nella città estense.

Mentre nel capoluogo perdurava legemonia radicale sullestrema sinistra, alle elezioni del 1882 si registrò la prima candidatura socialista a Cento, con il finalese Gregorio Agnini. Due anni dopo risorse un Circolo socialista ferrarese, subito sciolto. La propaganda socialista era debolissima e tanto le organizzazioni mutualistiche dei lavoratori dei centri urbani quanto le cooperative bracciantili di lavoro nelle campagne erano saldamente controllate dalla democrazia post-risorgimentale, se non da elementi moderati. I primi scioperi, tuttavia, cominciavano a mostrare i limiti di quellegemonia e nellAlto ferrarese, fra Cento e Bondeno, lazione socialista, grazie allopera di Agnini, deputato dal 1890, conquistava un primo radicamento fra i braccianti dei lavori di bonifica e i ceti medi urbani.

Nel frattempo intellettuali e professionisti di una nuova generazione passavano dai ranghi democratici e radicali allideologia socialista. Nel 1890 si formò a Ferrara il circoloI figli del lavoro, che mandò delegati al congresso del Partito socialista rivoluzionario e pubblicò un manifesto per il Primo maggio 1891. In rappresentanza dei compagni di Serravalle, Cologna e Berra, Ugo Mongini partecipò nel 1892 al congresso di Genova, ma il campo socialista locale restava diviso: non mancavano, ad esempio, polemiche da parte dei più intransigenti, come Antonio Mazza e Giuseppe Tamarozzi (che nello stesso anno pubblicavano «Il Proletario»). Sempre nel 1892 i socialisti raccolsero un grande successo elettorale, con il 43% dei suffragi nel Collegio di Cento, che comprendeva tutto lAlto Ferrarese (calati al 35% nel 1895). I ferraresi avevano contatti ormai stabili con il gruppo milanese dellaLotta di classee dunque le varie anime socialiste locali confluirono infine nel PSLI (Partito Socialista dei Lavoratori Italiani): i centesi Francesco Baraldi e Olindo Malagodi furono inviati al congresso di Reggio Emilia del 1893. Al momento dello scioglimento, per effetto della repressione crispina, la Lega socialista ferrarese aveva appena 150 iscritti. A quellaltezza i socialisti ferraresi, fra i quali si possono menzionare Arturo Poppi, Paolo Maranini e lo stesso Baraldi, non avevano maturato, ad esempio sul terreno elettorale e giornalistico (si servivano della «Rivista» democratica), un definitivo distacco dai radicali e, a parte leccezione centese-bondesana, rivolgevano scarso interesse alle campagne, dirigendosi soprattutto a lavoratori e piccola borghesia dei centri urbani.

Dopo alcuni tentativi infruttuosi, nel 1896 cominciò a pubblicarsi «La Scintilla», che sarebbe stato lorgano socialista locale fino al fascismo. Gli scioperi del 1897, del tutto spontanei, ma rivelatori della diffusione di una sensibilità classista e di simpatie per il PSI nelle campagne, suscitarono un aumento dellattenzione per la situazione dei lavoratori rurali. I risultati elettorali restavano deludenti nel capoluogo e rafforzavano i propositi di intesa con i radicali: ma alle politiche del 1897 i socialisti raccolsero il 21% nel Collegio di Portomaggiore (che includeva Argenta, Migliarino, Massafiscaglia e Ostellato), il 36% in quello di Comacchio (che includeva, fra gli altri, anche il Copparese e il Codigorese) e il 38% in quello di Cento. Le repressioni del 1898, con un nuovo processo a dirigenti e attivisti, scompigliarono ancora una volta la rete organizzativa: solo alla fine del 1899 si riuscì a riunire il congresso provinciale da tempo preparato e venne deliberata lautonomia elettorale, che valse il 42% dei suffragi a Cento e il 34% a Portomaggiore nel 1900 (quando ricomparve, dopo la chiusura forzata, anche la «Scintilla»). Soprattutto, si avviò finalmente un intervento nelle campagne, che avrebbe prodotto la fioritura di leghe e di altre organizzazioni di classe e favorito i grandi scioperi del 1901. I nuovi protagonisti di questa stagione, accanto a Baraldi e Maranini, furono Guelfo Pacchioni, Enrico Ortolani, Renato Castelfranchi, Alfredo Talamini e Rina Melli, fondatrice del giornale socialista femminile «Eva» (trasferitosi quasi subito, con la giovane direttrice, a Genova).

La grande conflittualità sociale delle campagne ferraresi in età giolittiana costituì la base del socialismo locale, ma agì anche come elemento di divisione interna, riproponendo una frattura storica fra città e mondo rurale, fra dirigenti provenienti spesso dallesterno della provincia, intellettuali socialisti cittadini e organizzatori sindacali rurali, come ad esempio i copparesi Carlo Zanzi, Rutilio Ricci ed Edmondo Rossoni. Unanaloga frattura si diede tra movimento bracciantile e lavoratori urbani, inizialmente egemonizzati dal fronte democratico-radicale (passato con gli scioperi agrari su posizioni risolutamente antisocialiste), ma si sarebbe progressivamente attenuata. La dialettica fra riformisti e rivoluzionari nel PSI, infine, riverberò anche nel Ferrarese: se la linea gradualista giunse alla conquista dei Comuni di Portomaggiore (1901) e Codigoro (1903) e allingresso del comacchiese Aniceto Nibbio in Consiglio provinciale, nel Copparese, nellArgentano e in altre aree della Bassa maturava, nel fuoco delle lotte bracciantili, unopposizione rivoluzionaria, che contribuì a richiamare a Ferrara dal resto dItalia esponenti della sinistra del partito (come Teodoro Monicelli) e poi del sindacalismo rivoluzionario (come i fratelli Guido e Umberto Pasella, Michele Bianchi, Sergio Panunzio, Adelmo Niccolai e Guido Marangoni). I risultati elettorali del 1904 furono incoraggianti, con esiti fra il 45 e il 53% nei Collegi di Cento, Comacchio e Portomaggiore, ove per la prima volta nel Ferrarese risultò eletto un candidato socialista, Enrico Ferri, poi sconfitto nelle suppletive del 1906. Fra 1904 e 1905 la situazione precipitò e si giunse alla scissione in due federazioni socialiste: una maggioritaria sindacal-rivoluzionaria che, obliterando la distinzione classica fra organizzazioni economiche e politiche, inglobava le leghe, laltra riformista. Si giunse anche a liste elettorali separate e alla fondazione di un organo riformista «Il pensiero socialista» (al quale collaborò la giovane Alda Costa). La scissione venne riassorbita nel corso del 1906, ma si ripropose dal 1908 sul terreno sindacale, per essere superata grazie alla mediazione di Marangoni, caso raro di sindacalista rivoluzionario iscritto al PSI. Nel frattempo anche Copparo, Bondeno e Argenta avevano amministrazionirossee alle elezioni politiche del 1909 i socialisti si presentarono uniti e finalmente in tutti i Collegi, raccogliendo in media il 43% dei voti, superando la metà dei suffragi nei Collegi di Portomaggiore e Comacchio ed eleggendo Mario Cavallari (elezione poi annullata dalla Camera) e lo stesso Marangoni.

La guerra libica portò alle dimissioni degli esponenti riformisti favorevoli allespansione italiana, ma solo alcuni di loro, Raffaele Mazzanti e lo stesso Baraldi uscirono dal partito nel 1912. Le elezioni politiche del 1913 a suffragio allargato segnarono laffermazione socialista nelle campagne: nelle zone bracciantili classiche il PSI superò ampiamente la metà dei suffragi, toccando i due terzi nel Collegio comacchiese. Nonostante le candidature sovrapposte fra sindacalisti e riformisti, vennero eletti il modenese Armando Bussi a Cento e rieletti Marangoni a Comacchio e Cavallari a Portomaggiore. Il Ferrarese, con Mantova e Bologna, era la provincia piùrossadItalia, ma Ferrara restava inespugnabile e il PSI si risolse ad appoggiare il radicale Mosti. Mentre le durissime lotte nelle campagne segnavano compromessi o sconfitte e la direzione del movimento sindacale ritornava ai riformisti, il successo elettorale fu replicato nelle amministrative: 15 Comuni su 21 furono conquistati dal PSI, che guadagnò anche la maggioranza allassemblea provinciale e insediò alla presidenza il riformista portuense Carlo Cavallini. Mentre i sindacalisti ferraresi rimasero generalmente fedeli al loro antimilitarismo, fra 1914 e 1915 il dibattito sulla guerra portò ad ulteriori defezioni di interventisti socialisti dalle fila del PSI ferrarese, che rimase tuttavia in maggioranza neutralista.

MN, 2011

Bibliografia

Teresa Isenburg, Investimenti di capitale e organizzazione di classe nelle bonifiche ferraresi (1872-1901), Firenze, La Nuova Italia, 1971; Alessandro Roveri, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo. Capitalismo agrario e socialismo nel ferrarese (1870-1920), Firenze, La Nuova Italia, 1972; Adelmo Caselli, Eugenio Ramponi, Il movimento operaio e socialista a Pieve di Cento e la Camera del Lavoro di Cento, 1860-1920, Bologna, CLUEB, 1984; 1892-1992. Il movimento socialista ferrarese dalle origini alla nascita della Repubblica democratica. Contributi per una storia, a cura di Aldo Berselli, Cento (Ferrara), Centoggi, 1992; Piero Brunello, Storie di anarchici e spie, Roma, Donzelli, 2009.

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