Paesaggi letterari

Dora Noyes (Harrow, Middlesex, 1864 – Sutton Veny, Wiltshire 1960), Mura di Ferrara, 1904; china e acquerello su cartoncino, mm. 305 x 380; Londra, collezione privata Dora Noyes (Harrow, Middlesex, 1864 – Sutton Veny, Wiltshire 1960), Mura di Ferrara, 1904; china e acquerello su cartoncino, mm. 305 x 380; Londra, collezione privata Tratto dal volume: I disegni ritrovati di Dora Noyes, a cura di Giacomo Savioli, Ferrara, Corbo, 1996, Tav. I

Il Grand Tour, l’itinerario di istruzione che i giovani delle famiglie aristocratiche europee intraprendevano per completare la loro educazione, dalla fine del Seicento portò in Italia – tappa-culmine del viaggio – nobili e intellettuali, antiquari e artisti, filosofi, uomini politici e semplici, liberi viaggiatori che nei loro taccuini di viaggio annotavano ogni movimento, ogni curiosità, ogni “meraviglia” accompagnati da una sincera implicazione emotiva. L’afflusso di viaggiatori a Ferrara fu perlopiù dovuto alla sua posizione geografica: quasi non la si poteva evitare sulla strada tra Venezia e Roma. Le testimonianze di viaggiatori stranieri lasciano intendere un giudizio comune: responsabile dello stato di decadenza in cui versava la città era il governo pontificio. Se i visitatori erano colpiti dalle strade spaziose e dai palazzi imponenti, non potevano fare a meno di notare la deserta Ferrara, la cui popolazione era sostanzialmente diminuita con l’avvento (1598) dello Stato della Chiesa (la lupa vaticana che abbattendosi sull’Eridano aveva trafitto l’aquila bianca estense, come scriveva Carducci) colpevole di avere trascurato il territorio e di aver trasformato la città in una piazza di guerra. Tra Sette e Ottocento agli occhi dei viaggiatori Ferrara si presentava grande, solenne ma solitaria, imponente e maestosa ma spopolata, pulita perché non c’era nessuno per sporcarla; circondata da una campagna piatta, suggestiva ma a tratti mal sana, così come affascinante ma terribile appariva il Po. Una voce fuori dal coro, quella del commediografo spagnolo Leandro Fernández de Moratín (1760-1828) che arrivò nel 1794. Nel suo giudizio più controllato (si pensi però al legame della Spagna con lo Stato pontificio) Ferrara e i ferraresi lasciarono un’impressione positiva: Il territorio di Ferrara … non è un deserto, come alcuni lo dipingono; né esistono ora le cause che in altri tempi fecero malsano questo paese. La coltura dei campi è … aumentata, sono stati prosciugati molti acquitrini, le acque sono state incanalate, rendendole utili e ora l’aria di quella città non è più contagiosa … La gente mangia bene, beve meglio e vi è colorita e robusta (Obras pòstumas, Madrid, Imprenta y estereotipia de M. Rivadeneyra, 1867, I, pp. 444-445).

Il letterato tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) arrivò sulla barca-corriera che navigava sul dolce fiume Po, a traverso pianure estese, il 16 ottobre 1786: quel giorno era triste (sorpreso da non so che uggia) e non apprezzò molto Ferrara (né il mausoleo dell’Ariosto, né la prigione del Tasso), una grande e bella città, ma tutta in piano e spopolata. Meglio, anche di umore, il giorno dopo a Cento: Una piccola e simpatica città, ben costruita, … piena di movimento e di vita, linda, in mezzo a una pianura tutta coltivata a perdita d’occhio. Salito sul campanile rimase affascinato da un mare di pioppi svettanti, nel cui mezzo osservò delle piccole masserie, ognuna circondata dalla sua campagna: le terre della Partecipanza (Viaggio in Italia 1786-1788, a cura di Lorenza Rega; trad. it. di Eugenio Zaniboni, Milano, BUR, 1993, pp. 99-100).

La Nuovissima guida dei viaggiatori in Italia degli editori – e viaggiatori – Ferdinando Artalia e figlio di Milano (“negozianti di Musica, Stampe e Carte geografiche”), aveva raggiunto nel 1839 la quinta edizione. Nel tragitto tra Venezia e Bologna un capitolo è riservato a Ferrara: … la di lei popolazione è ridotta a 24.000 abitanti, ed il commercio non è ragguardevole. Questa città, che ora fa parte degli Stati del Papa, ha un aspetto imponente: diritte e larghe ne sono le contrade: quella di S. Benedetto è lunga circa 1959 metri, ed è diritta sino alla porta di S. Giovanni; quanto alla lunghezza totale della città, valutasi a 2814 metri dalla porta di S. Benedetto sino alla porta di S. Giorgio, le quali due contrade sono men belle dell’altra, che chiamano della Givecca [sic]. Belli ne sono gli edificj sì pubblici, come privati; il castello posto all’occidente della città [la Fortezza] è grande, forte e regolare. Ma dal finire del secolo XVI a questa parte, la popolazione, l’industria, ed il commercio, vi si trovano … in istato di decadenza …; né veggonsi meglio popolate le circostanti campagne, essendone colpa l’aria mal sana, che esala dalle paludi …. In mezzo alla città sorge un altro Castello altre volte residenza dei duchi, ed ora abitazione del cardinal Legato: gli gira intorno un fosso, e lo fiancheggiano quattro grosse torri.

Il percorso consigliato dalla guida toccava la Cattedrale, le chiese dei Teatini, di San Domenico e San Benedetto, i palazzi Villa [dei Diamanti] e Camerini, il Teatro, la Certosa convertita in pubblico Cimitero; la piazza della Ragione [piazza delle Erbe, ora Trento e Trieste], l’ospedale Sant’Anna e la cella dove Torquato Tasso fu chiuso sotto pretesto di follia, l’università ricca tanto in libri, quanto in manoscritti preziosi, oltre alla casa del Guarini, quella di Ariosto e alla piazza detta Napoleonica ed oggi Ariostea. Uno sguardo alla gente e al territorio: Le qualità sociali di quei cittadini sono veramente amabili. Il territorio è frastagliato da parecchi fiumi, e per conseguenza paludoso; abbonda però di grani, e di vasti e grassi pascoli, e vi è molto coltivata la canape. La pescagione, massimamente quella che si fa nelle valli di Comacchio, è un de’ più ricchi prodotti del paese. Non si viaggia per contorni di Ferrara senza udir parlare degli allagamenti del Po. Nulla […] è tanto imponente quanto l’aspetto di cotesto fiume, sia per la sua grande estensione, sia pei canali, che vi sboccano, i siti che lo circondano, e la prodigiosa quantità di barche, che il coprono: ma dall’altro lato […] è sì terribile ne’ suoi allagamenti…

In generale, non sono la piazza e il Castello – sede della “colpevole” Legazione – i protagonisti dei diari di viaggio, ma le strade grandi come fiumane dell’addizione di Ercole I d’Este, l’antico splendore, la memoria dei poeti – George Gordon Byron (1788-1824) si fece rinchiudere nel 1821 nella cella del Sant’Anna per dare voce ai Lamenti del figlio delle muse (vedi Letteratura) –, il grande silenzio, la solitaria pace, la deserta bellezza, l’aëre greve che si rincorrono ancora nei versi di Carducci e D’Annunzio.

Ferrara, su le strade che Ercole primo lanciava / ad incontrar le Muse pellegrine arrivanti, / […] come, o Ferrara, bello ne la splendida ora d’aprile / ama il memore sole tua solitaria pace! / Non passo i luminosi misteri vïola né voce / d’uomo […] / così per le tue piazze dilette dal sole, o Ferrara / il nuovo peregrino tende le orecchie e ode / da’ marmorei, palagi su ’l Po discendere lenta / processïone e canto d’un fantastico epos.

Chi è, chi è che viene? Con piangere dolce di flauti, / tra nuvola di cigni volatiti da l’Eridano, / ecco il Tasso. Lampeggia, palazzo spirtal de’ dïamanti, / e tu, […] /o porta de’ Sacrati, sorridi nel florido arco! / d’Italia grande, antica, l’ultimo vate viene. / Ei fugge i colli dove monacale tedio il consunse, / ei chiede i luoghi dove gioventù gli sorrise. / Castello d’Este, in vano d’arpie vaticane fedato, / abbasso i ponti, leva l’aquila bianca. Ei torna. (vv. 1-25)

O dileguanti via su la marina / tra grige arene e fise acque di stagni, / […] terre pensose in torvo aëre greve, / su cui perenne aleggia il mito e cova / leggende e canta a i secoli querele / (vv. 33-39)

(Giosuè Carducci, Ode alla città di Ferrara - nel XXV Aprile del MDCCCXCV , da «Rime e ritmi», 1898).

O deserta bellezza di Ferrara, / ti loderò come si loda il volto / di colei che sul nostro cuor s’inclina / per aver pace di sue felicità lontane; / e loderò la chiara / sfera d’aere e d’acque / ove si chiude / la tua melanconia divina / musicalmente. […] Loderò i tuoi chiostri ove tacque / l’uman dolore avvolto nelle lane / placide e cantò l’usignolo/ ebro furente. / Loderò le tue vie piane / grandi come fiumane /che conducono all’infinito chi va solo / col suo pensiero ardente / e quel lor silenzio ove stanno in ascolto / tutte le porte / se il fabro occulto batte su l’incude, / e il sogno di voluttà che sta sepolto / sotto le pietre nude con la tua sorte.

(Gabriele D’Annunzio, Il Silenzio di Ferrara, da «Nuova Antologia», 1899; in seguito Ferrara, in «Elettra»).

Riferimenti a Ferrara e alla sua storia si trovano in lettere e ricordi di viaggiatori italiani, dalla veneziana Gioseffa Cornoldi Caminer (Viaggio per l’Italia intrapreso nell’anno 1798…, Venezia, Pietro Sola, 1800) al ferrarese Giuseppe Maria Bozoli (1815-1878) che accompagnò il futuro comandante dei Bersaglieri del Po marchese Tancredi Trotti Mosti in un tour europeo tra Germania, Belgio e Francia (Brevi memorie di un viaggio fatto in Francia, in Germania ed in Italia…, Ferrara, Gaetano Bresciani, 1844), allo scrittore lombardo Ignazio Cantù (1810-1877) che dava alle stampe la sua opera nel 1844 (La patria ossia l’Italia percorsa e descritta da I.C. Letture giovanili, Milano, Tamburini).

Ariosto e Tasso tornano nelle parole del veneziano Achille, il miglior amico del letterato bondenese Arrigo Poletti detto Calofilo (1862-1884) che le fissò nella prosa Una passeggiata per istruzione del 1880:

Giovedì mattina partii [da Bondeno; Achille vi abitava da poco tempo] che erano le 4 pigliando scorciatoie arrivai felicemente a Ferrara che eran le 8. Avevo fame e andai alla “Gaiana” per rifocillarmi un poco; appesi al muro dell’albergo vidi diversi quadri rappresentanti monumenti, edifizi di Ferrara. Figurati io che sinceramente credevo che nella vostra Ferrara non vi fosse d’ammirare che valli, paludi, miserie e inondazioni, mi stupii un bel po’ di vedere tanti capi-lavori. … Mi prese però la matta voglia di andare a girare, e presa una guida visitai ed ammirai le più belle cose Mi fece una grande impressione l’antico castello Non dimenticai il Duomo né trascurai l’Università, nel qual ultimo edifizio ammirai il sepolcro dell’Ariosto, una magnifica Biblioteca di oltre 100.000 volumi Stamattina ch’eran le nove andai a vedere la casa dell’Ariosto in Via Mirasole; quindi a S. Anna ad osservare il carcere dell’infelice cantore della Gerusalemme… (Arrigo Podetti detto Calofilo, Poesie e prose inedite, a cura di Giuseppe Muscardini, Ferrara, Liberty house, 1988, pp. 68-70).

Terminato ormai il tempo del Grand Tour, l’inglese Ella Noyes (1863-1949) visitando Ferrara ne coglieva l’aspetto di città gentildonna che grazie al suo distacco dalla vita moderna aveva conservato una tutta sua aristocratica immagine. Il libro uscì a Londra nel 1904, illustrato dai disegni a china della sorella Dora.

Le lagune e le foci del Po sono protagoniste del suggestivo viaggio da Comacchio ad Argenta di Antonio Beltramelli (1879-1930), nel 1905. Lasciati alle spalle i piccoli ponti di Lago Santo e i profili delle donne che li traversavano per recarsi alla fonte con le loro secchie lucenti..., la Laguna d’Isola gli si parò di fronte nella sua sterminata chiarità. Aveva appositamente noleggiato un navicella per raggiungere Comacchio, che risaltava sotto le ultime luci come un’isola luminosa fra le acque di smeraldo … co’ suoi campanili e le torri, lontanamente, alla deriva… Il viaggiatore fu colpito dal frastuono tutto speciale mescolato al grido dei battellieri, dal suono secco degli zoccoli trascinati sui selciati, dalle piccole case, dai canaletti tortuosi…, ma fu il lucore riflesso negli occhi dei bimbi e delle giovanette a “parlargli” dell’anima di Comacchio, che gli piacque definire la pallida. Seguendo la periferia delle lagune, egli percorse poi la strada da Portomaggiore – una gaia cittadina situata tra due affluenti delle lagune di Comacchio … un tempo in mezzo alle sterminate paludi e ora circondata da ubertose pianure – a Sant’Alberto. Là dove i campi di grano cedevano il posto ai pascoli, tra le canape dagli esili steli il viaggiatore individuò il bianco gruppo di case che formava Argenta, cittadina romagnola dispersa fra le verdi messi, ai limiti della laguna.

AG, 2011

Bibliografia

Anna M. Mandich, Viaggiatori stranieri del Settecento, in Storia illustrata di Ferrara, a cura di Francesca Bocchi, Milano, Aiep, 1987, II, pp. 545-560 (da cui sono tratti i corsivi nella prima parte del testo); Ella Noyes, The story of Ferrara (1904), a cura di Giuseppe Inzerillo, Ferrara, Corbo, 1998, p. 190 (ed. orig.: London, J.M. Dent & Co., 1904); Antonio Beltramelli, Da Comacchio ad Argenta. Le lagune e le bocche del Po nel 1905, Bologna, Massimiliano Boni, 1994; Luca Clerici, Viaggiatori italiani in Italia 1700-1998. Per una bibliografia, Milano, Sylvestre Bonnard, 1999; Luigi Davide Mantovani, Mazzini e Ferrara, «Ferrara. Voci di una città», 34, 2011, pp. 67-69.

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