Popolazione

Governo Pontificio - Legazione di Ferrara, Stato della popolazione di tutto il territorio di Bondeno per l’anno 1848 (part.) Governo Pontificio - Legazione di Ferrara, Stato della popolazione di tutto il territorio di Bondeno per l’anno 1848 (part.) Archivio storico del Comune di Bondeno, Carteggio amministrativo, Cat. XIV, b. 468, f. "1848", r. 5

Ricostruire la consistenza e le dinamiche della popolazione del Ferrarese ottocentesco è un’operazione problematica, in particolare per quel che riguarda la prima metà del secolo. La riflessione sulla demografia locale preunitaria incontra pesanti ostacoli, solo in parte comuni alle altre realtà della Penisola: i confini delle entità politico-amministrative centrate su Ferrara sono mutevoli e rendono disagevole la comparazione; pochi sono inoltre i censimenti e la loro qualità non è paragonabile a quella postunitaria; larga parte delle fonti per l’età rivoluzionaria, napoleonica e pontificia sono andate distrutte. Non sorprende, dunque, l’assenza di studi generali sul lungo Ottocento (occorre rivolgersi a profili d’insieme nazionali e regionali, ad analisi più ampie, come quella di Ortolani, o più ristrette, come quella di Campi), ma anche, data la dispersione e lo stato delle fonti, la scarsità di ricerche su scala comunale (che si riducono ad alcune vecchie tesi di laurea e al bel profilo di Angelini e Guidi su Migliaro e Migliarino).

Sulla base degli studi di Corridore, Pardi e Beloch, Mario Ortolani ha proposto una valutazione d’insieme della popolazione ferrarese nei secoli precedenti il XIX. Al momento della “devoluzione”, nel 1598, si calcola che nei territori ferraresi del Ducato estense vivessero 143.000 anime. Due secoli dopo, alla vigilia dell’arrivo dei francesi, la popolazione della Legazione di Ferrara dello Stato della Chiesa, compresi territori oggi veneti e romagnoli, ammontava a circa 236.000 abitanti. Al di là di queste stime, sulla base del “ruolo” di popolazione composto nell’età napoleonica, periodo che vide la prima installazione di istituti moderni di rilevazione delle dinamiche demografiche, nel 1816 la Legazione restaurata, persa la Transpadana, comprendeva 170.000 persone. Nell’età della Restaurazione la popolazione crebbe costantemente, anche se a ritmi alterni, finalmente comparabili data la stabilità dei confini e rilevazioni periodiche: 211.000 abitanti vivevano nella Legazione al 1833 (per una crescita annua media del 12,4‰) e 244.000 al 1853 (7,4‰), quando si svolse l’ultimo censimento pontificio.

Sull’arco secolare, dal 1861 la provincia ferrarese conobbe un raddoppio di popolazione, in linea con l’andamento regionale e nazionale. Nel primo cinquantennio postunitario, che qui interessa, l’espansione fu ancor più rapida. La stabilizzazione territoriale e i censimenti ormai ispirati a criteri scientifici, grazie all’opera della direzione di statistica, consentono confronti più sicuri. A partire dagli anni Settanta le bonifiche resero coltivabile quasi metà del territorio provinciale, prima coperto, stabilmente o periodicamente, delle acque: anche sotto il profilo demografico rappresentarono una cesura. La bonifica alterò la densità del popolamento, che in vaste aree del Ferrarese era attestata storicamente su livelli ridotti, per l’estensione di valli e paludi. Anche al di là della bonifica, in tutta la provincia le forme dell’insediamento registrarono, come nel resto d’Italia, un calo progressivo della popolazione sparsa nelle campagne, con il coagularsi in “centri” rurali che rimandavano, salvo rare eccezioni (come Jolanda di Savoia), a una maglia urbana pre-esistente, determinata soprattutto dalle vie fluviali.

Al primo censimento postunitario la popolazione della provincia, persa la Romandiola e acquisiti i Comuni di Poggiorenatico e Sant’Agostino, comprendeva 199.000 abitanti. Dieci anni dopo erano diventati 215.000, per una crescita media annua dell’8,1‰, ben superiore alla media regionale (5,3‰) e nazionale (6,7‰). Al censimento successivo passarono a 230.000, con un tasso di crescita lievemente ridotto (7,2‰), ma sempre più alto di quelli regionale (3,2‰) e nazionale (5,7‰). Annullato il censimento del 1891, all’ingresso nel nuovo secolo i ferraresi erano 271.000: calcolato sull’arco ventennale il ritmo di crescita era dell’8,9‰, contro il 5,9‰ regionale e il 6,6‰ nazionale. Infine, a mezzo secolo dall’Unità, nel 1911 la provincia balzava a 307.000 abitanti, con un aumento drastico del ritmo di crescita al 13,3‰, ancora superiore al tasso regionale (9‰) e nazionale (8,6‰).

Se il dato medio provinciale vide dunque una crescita costantemente superiore a quella italiana ed emiliano-romagnola, la realtà era tuttavia composita. La disaggregazione dei tre circondari (Cento, Comacchio, Ferrara) rivela dinamiche molto diverse, ma cela la grande variabilità delle dinamiche demografiche comunali nel primo cinquantennio unitario. I due territori più popolosi e più vasti (fra i più ampi Comuni del Regno), segnarono una crescita costante: il Comune di Ferrara passò da 67.000 a 95.000 abitanti (non tenendo conto dello scorporo primo-novecentesco di Vigarano avrebbe guadagnato il 52,6% della popolazione originaria), mentre quello di Copparo, se non fosse stato smembrato a partire dal 1910, sarebbe cresciuto da 24.000 a 45.000 persone (+85%). Cospicua anche la crescita di tre dei quattro Comuni che all’Unità contavano più di 10.000 anime: Argenta passò da 15 a 22.000 abitanti (+41,6%), Portomaggiore da 13 a 21.000 (+54,6), Bondeno da 11 a 18.000 (+63,5%). Invece la popolazione di Cento si mantenne in mezzo secolo pressoché stabile (da 17 a 18.000, +15,6%). Diverse le dinamiche per i tre Comuni che nel 1861 avevano una popolazione superiore a 5.000 persone: alla crescita di Mesola (da 6 a 10.000, +67,8%) e Comacchio (da 8 a 12.000, +46,4%), corrispose un movimento più lento per Sant’Agostino (da 6 a 8.000, +31,9%). I Comuni più piccoli offrono una gamma ancora più ampia di variazioni: se Pieve di Cento crebbe solo del 18% e Poggiorenatico si attestò al 47%, nella Bassa l’espansione fu più sostenuta, come ad Ostellato (+72%), Lagosanto (+79%) e Migliarino (+91%), mentre in due Comuni si diedero vere e proprie esplosioni demografiche, con un aumento del 165% a Massafiscaglia e del 190% a Codigoro. Il dato medio provinciale è dunque il risultato di dinamiche articolate: alla bassa crescita complessiva del circondario di Cento, vanno accostati lo sviluppo moderato dei Comuni di Ferrara, Comacchio e Portomaggiore (fra 40 e 55%) e il robusto balzo dell’area di bonifica a est del capoluogo (nella quale si può includere, pur geograficamente distinta, anche la realtà di Bondeno).

Al di là delle differenze interne, a cosa si deve imputare un ritmo di crescita così sostenuto? Dati i caratteri dell’industrializzazione e l’assenza di significativi sviluppi dei centri urbani, occorre chiamare in causa l’ampliamento della superficie coltivabile che, in seguito alle bonifiche avviate alla metà degli anni Settanta e proseguite poi fino alla Prima guerra mondiale (e oltre), ha permesso l’insediamento di un numero molto più ampio di persone rispetto ai secoli precedenti. Quali dinamiche demografiche le hanno popolate?

Il Ferrarese ottocentesco, come il resto d’Europa, è attraversato dalla cosiddetta “transizione demografica”. Dell’“antico regime” demografico mantiene alti livelli di natalità, mentre la mortalità, specie infantile, comincia a calare: la forbice delle due curve di natalità e mortalità si apre e il saldo naturale cresce. In particolare, continuano a nascere molti figli, ma una quota sempre più ampia sopravvive e va ad ingrossare la popolazione giovane. Non esistono ricerche specifiche, ma il Ferrarese segue le dinamiche regionali. La pressione demografica “naturale” era talmente forte che, come il resto dell’Emilia-Romagna e dell’Italia presa nel suo complesso, il Ferrarese postunitario presenta un saldo migratorio negativo, sia pure di lieve entità. Sarebbe stato ancora più marcato se non avesse incrociato un flusso in ingresso dalle province contermini. Il tema dell’apporto esterno (emiliano, romagnolo e veneto) alla formazione del bracciantato di massa è tuttora controverso: resta che gran parte degli spostamenti dei ferraresi del secondo Ottocento al di fuori della provincia d’origine furono diretti all’estero.

MN, 2011

Bibliografia

Mario Ortolani, La pianura ferrarese, Napoli, Pironti, 1956; Carlo Alberto Campi, La popolazione della provincia di Ferrara, Ferrara, CCIAA, 1967; Laura Angelini, La struttura demografica ed economico-professionale di alcune parrocchie del suburbio di Ferrara secondo il censimento pontificio del 1853, tesi di laurea in Scienze statistiche e demografiche, Università di Bologna, a.a. 1971-1972; Ead., Enrica Guidi, L’evoluzione demografica del Comune di Migliaro, poi di Migliarino, dal secolo XV ai giorni nostri, in Migliaro Migliarino Fiscaglia Valcesura Cornacervina. Un millennio di storia in comune, Ferrara, Cartografica, 2000, vol. II, pp. 237-301; Michele Nani, Le origini migratorie del bracciantato ferrarese. Attorno a una tesi di Emilio Sereni, in Pensare la contemporaneità. Studi di storia per Mariuccia Salvati, a cura di Paolo Capuzzo et al, Roma, Viella, 2011, pp. 67-84.

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