Lo sviluppo degli insediamenti nella pianura ferrarese è intimamente legato alla geografia fisica della regione. In generale, se nella restante pianura emiliano-romagnola è storicamente prevalso l’insediamento sparso, le condizioni naturali legate alla morfologia fluviale e alla diffusa presenza dell’elemento idrico hanno qui comportato una tipologia di insediamenti pure sparsi, ma spesso caratterizzati dalla esistenza di piccoli villaggi, allineati lungo le strade arginali oppure – più di frequente – raccolti intorno a un dosso fluviale. Le forme dell’insediamento si presentavano diversificate a seconda della struttura economica e sociale dell’azienda agricola che le interessava: le case isolate rappresentavano solitamente la dimora dei conduttori delle aziende e dei boari (i coloni a contratto), mentre i casali (piccoli borghi) o i villaggi, ospitavano gli operai agricoli e i braccianti a giornata.
La genesi dell’insediamento ha avuto inizio lungo i dossi fluviali che rappresentavano punti elevati e asciutti rispetto alle frequenti depressioni delle valli e delle paludi. Nelle terre vecchie, quelle abitate e coltivate fin dall’epoca medievale, l’azienda agricola – detta possessione – aveva mediamente una dimensione di circa 20-25 ettari. Su ogni possessione sussisteva una dimora rurale a corte, caratterizzata dalla presenza di un cortile erboso, grande circa un ettaro, presso il quale sorgevano almeno tre edifici caratteristici: la dimora o le dimore dei contadini (che ospitavano la famiglia del conduttore e quella del boaro), la stalla-fienile e un annesso, dove solitamente si trovavano il forno e i porcili. Nel caso di residenze isolate, pertanto, ogni chilometro quadrato di pianura coltivata vedeva la presenza di quattro possessioni e altrettante dimore a corte.
Due case a corte contigue determinavano l’esistenza di nuclei complessi – i casali – che potevano sorgere sui lati opposti di un dosso fluviale (ad esempio Palmirano, nel Comune di Voghiera) oppure allineati su uno stesso versante (Torre Fossa, nel Comune di Ferrara). I braccianti, invece, vivevano solitamente in borghi che erano costituiti da una serie di piccole abitazioni, provviste di due soli vani, senza edifici agricoli annessi (ad esempio Borgo Valeriani, nel Comune di Argenta e Borgo Marighella nei pressi di Ferrara).
La coesistenza di più possessioni contigue – in genere tre o quattro – assieme a una chiesa parrocchiale, dava luogo al tipico villaggio della pianura ferrarese, solitamente raccolto intorno ad un punto – il dosso fluviale – più elevato rispetto alla pianura circostante. I dossi fluviali, dove solitamente si sviluppavano anche gli assi di comunicazione stradale, rappresentavano le sedi naturali di sviluppo dell’insediamento che, pertanto, tendeva a seguire il corso dei fiumi: il Po, con i rami di Volano e Primaro, e la direttrice Ferrara-Cento, sugli spalti dell’antico alveo del Reno.
Nella bassa pianura e nella regione del delta, le forme dell’insediamento erano strettamente legate ai lavori di bonifica delle valli e delle paludi. La radicale trasformazione di questo territorio diede origine ad una serie di quadri ambientali molto simili, caratterizzati dalla presenza di grandi superfici coltivabili, suddivise geometricamente da strade e canali di scolo. Durante e in seguito alle operazioni di bonifica, solitamente all’incrocio fra canali e strade, sorsero in questa porzione di pianura diversi casali e piccoli villaggi destinati ad ospitare la manodopera rurale, stagionale e avventizia, sfruttata dalle grandi aziende agricole capitalistiche. I contadini impiegati stabilmente dimoravano, invece, in dimore a corte dalla struttura però più complessa rispetto a quella delle terre vecchie: accanto alla stalla-fienile e alle abitazioni per il conduttore e i salariati, trovavano spazio altri magazzini per i prodotti agricoli industriali che si andavano diffondendo nel Ferrarese, prima la canapa e, poi sul finire del XIX secolo, la barbabietola da zucchero.
Una rivoluzione nella struttura dell’insediamento si ebbe, a partire dagli anni 1870, in conseguenza dei primi grandi interventi di bonifica meccanica: all’interno dei territori gestiti dai consorzi di bonifica, infatti, le case e i centri abitati cominciarono a diffondersi indipendentemente dalla struttura degli argini e dei dossi fluviali, proprio per il venir meno della necessità di tutelarsi dai frequenti allagamenti delle campagne. In questi Comuni la percentuale di popolazione sparsa risultava vicina all’80% mentre nelle terre vecchie si aggirava fra il 50 e il 65%.
La bonifica, inoltre, fu l’occasione per la fondazione di insediamenti ex novo che furono poi scorporati, dal punto di vista amministrativo, dai vecchi Comuni. Nel 1908, grazie ad una legge dello Stato, il territorio comunale di Copparo fu suddiviso, dando vita ad una serie di nuovi Comuni: Ro, Berra, Formignana e Le Venezie che, in seguito ad una visita di Vittorio Emanuele III, assunse nel 1910 l’attuale nome di Jolanda di Savoia. Si trattava pur sempre, almeno all’origine, di nuclei abitativi modesti, dove ancora prevaleva la dispersione di abitanti e dimore rurali.
In generale, la vocazione prettamente agricola del territorio ferrarese, impedì, per tutto l’Ottocento, lo sviluppo di rilevanti agglomerati, ad eccezione del capoluogo e di alcuni centri, quali Comacchio, Copparo, Cento, Bondeno e Codigoro, ma anche Argenta e Portomaggiore, che potevano tutti definirsi piccole città, sia per il numero di abitanti che per la complessità delle funzioni esercitate. In questi luoghi, alla pratica dell’agricoltura si accompagnavano, infatti, altre attività di carattere artigianale o industriale, legate in primo luogo alla lavorazione della canapa e in seguito, a partire dagli ultimi anni del secolo, alla trasformazione della barbabietola da zucchero.
In quel secolo, Comacchio fu certamente il centro urbano che subì i maggiori cambiamenti: negli anni 1820 fu collegato alla terraferma con la costruzione della strada per Ostellato. Ciò comportò la progressiva trasformazione del paese, da centro di valle a centro di terraferma, anche per il declino delle tradizionali attività legate alla pesca e alla lavorazione delle anguille. Il mutamento fu poi reso ancor più consistente in seguito ai primi interventi di bonifica che spinsero la popolazione verso l’agricoltura.
MP, 2011
Bibliografia
Mario Ortolani, La casa rurale nella pianura emiliana, Centro studi per la geografia etnologica, Firenze, Olschki, 1953; Id., La pianura ferrarese. Memorie di geografia economica, Napoli, Tip. R. Pironti, 1954; Lucio Gambi, La casa dei contadini, in Strutture rurali e vita contadina, Milano, Federazione delle Casse di Risparmio dell’Emilia Romagna, 1977; Id., Insediamenti e infrastrutture rurali in Emilia Romagna, in Insediamenti rurali in Emilia Romagna Marche, a cura di Giuseppe Adani, Cinisello Balsamo (Milano), Pizzi, 1989; Insediamento storico e beni culturali: Alto ferrarese, a cura di Walter Baricchi, Pier Giorgio Massaretti, Ferrara, Amministrazione provinciale di Ferrara, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia Romagna, 1990; Insediamento storico e beni culturali: Basso ferrarese, a cura di Walter Baricchi, Pier Giorgio Massaretti, Ferrara, Amministrazione provinciale di Ferrara, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia Romagna, 1990.