Il primo fu «L’Avviso Patriottico», giornale giacobino di cui sono noti 13 numeri usciti nel 1797. Rivolto ai ceti potenzialmente più ostili alla rivoluzione, i contadini e la nobiltà, in ciascun numero cercava di chiarir loro un argomento politico (il federalismo, la divisione dei poteri, il Direttorio ecc.) con un testo in forma di dialogo filosofico. Ne era redattore unico Alessandro Bevilacqua, un aristocratico che aveva aderito alla causa della rivoluzione, autore di un Saggio sulla libertà della stampa nello stesso 1797 e moderatore del Circolo costituzionale.
L’organo ufficiale del Circolo fu però «Il Giornale del Basso Po», uscito con cadenza settimanale dal 22 marzo al 6 settembre 1798. Oltre ai resoconti delle sedute, sul giornale si trovavano notizie amministrative e di cronaca locale, dipartimentale e nazionale tratte da altri giornali, corsivi politici e apologhi repubblicani. Promotore e principale, se non unico, redattore del giornale fu l’avvocato Giulio Mazzolani, segretario del Circolo costituzionale, fervente repubblicano poi intiepiditosi in epoca napoleonica. Mazzolani compilò anche il più duraturo «Giornale Ferrarese» (1808-14; dal 1812 «Giornale del Dipartimento del Basso Po»), esperienza fondamentale del giornalismo cittadino, di cui si tentò una prima effimera continuazione dopo la Restaurazione con il «Corriere Ferrarese» e il «Postiglione di Ponte Lagoscuro», che ebbero un semestre di vita ciascuno fra il 1817 e il 1818. Poche notizie rimangono sugli altri fogli stampati e diffusi nei centri della provincia durante il triennio giacobino, come a Bondeno «Lo Svegliarino» e «L’Occhiale».
Il «Giornale Ferrarese» fu il primo organo di informazione cittadino ad assumere il formato della gazzetta, altrove da tempo collaudato, che sarebbe stato proprio anche degli altri periodici politico-economici del secolo: quattro grandi pagine a cadenza bi- o trisettimanale in cui accanto alle ordinanze, agli atti delle autorità e alle informazioni commerciali si davano notizie di politica nazionale ed europea (tratte da giornali italiani e stranieri), la cronaca locale, commenti redazionali e una serie di rubriche ricorrenti (articoli di contenuto letterario e scientifico, recensioni di libri e spettacoli teatrali, ma anche curiosità, osservazioni meteorologiche, giochi enigmistici e note di costume). Il giornale rispecchiava dunque gli interessi della borghesia in ascesa, che lo impiegò come strumento di lotta politica in occasione di ogni moto insurrezionale. Così avvenne nel 1830-31 con «L’Africano», sorta di rassegna stampa internazionale sulle vicende del colonialismo europeo, e con «L’Italiano», che simpatizzò con i moti liberali. Così fu ancora nel 1848-49 con «La Campana Democratica del Lunedì» e soprattutto con la «Gazzetta di Ferrara» (1848-1929), che appoggiò la causa liberale e patriottica richiamandosi alla precedente esperienza dell’«Italiano», di cui adottò il medesimo sottotitolo di «Foglio politico, scientifico e letterario».
Fondata nel 1848 da Francesco Mayr, che, chiamato a far parte della giunta di governo cittadino, ne cedette la direzione al cugino Carlo e ai collaboratori Luigi Borsari e Camillo Laderchi, la «Gazzetta» sopravvisse al fallimento della rivoluzione e, seppure sottoposto alla censura pontificia, mantenne il ruolo di bollettino degli atti di governo e di gazzettino mercantile, divenendo il più longevo e importante giornale ferrarese del XIX secolo. Cambiato il nome in «Gazzetta Ferrarese», dopo l’Unità si assestò su posizioni liberali moderate e sostenne idealmente il processo di formazione del nuovo Stato sabaudo divenendo nel 1864, da bi/trisettimanale, il primo foglio quotidiano ferrarese. Il periodo di maggior autorevolezza della «Gazzetta» presso l’opinione pubblica locale si ebbe probabilmente durante le direzioni di Guglielmo Ruffoni (1874-75) e Pacifico Cavalieri (1876-95), quando il giornale ispirò la linea politica dello schieramento moderato e chiamò i maggiori intellettuali cittadini a collaborare alle sue seguitissime rubriche culturali.
Fra il 1861 e il 1900 a Ferrara nacquero e rapidamente morirono una sessantina di periodici fra politici, umoristici e culturali, senza contare le riviste specializzate, i bollettini scientifici e gli annuari (per una rassegna completa si rimanda a Maragna 1997 e a Ghesini 1999, pp. 240-248). Si menzionano qui di seguito i più significativi giornali politici, indicando fra parentesi gli anni di pubblicazione e la loro periodicità (Q = quotidiano; B/T = bi/trisettimanale; S = settimanale). Fra le riviste clericali si segnalano: «Il Saggiatore» (S 1864-65), «Il Popolo» (B 1873-77), «Il Buon Giovinetto» (1876-86), quindicinale rivolto ai fanciulli ma di grande influenza sulle famiglie, «L’Annunciatore» (S 1887-88). Nel campo moderato-liberale dominato dalla «Gazzetta» si ebbero le fugaci apparizioni di «Il Corriere ferrarese» (Q 1864-65), «L’Unione» (S 1874-75), «Il Tribuno» (S 1892). Sostennero le idee dei progressisti e dei democratici i quotidiani «L’Eridano» (1861-64) e «La Sentinella del Po» (1865-66), mentre con la sinistra repubblicana e radicale si schierarono «La Lanterna Cieca» (S 1865-66), «Il Povero» (S 1872-73), «La Lanterna» (S 1877), «La Nuova Ferrara» (Q 1882-83); socialista intransigente e internazionalista fu «Il Petrolio» (S 1874), anarchico «Il Proletario» (S 1892) diretto da Caio Mazza.
Se una tale effimera fioritura può essere intesa come segno di vivacità intellettuale, occorre però avvertire che essa si scontrava con l’altissimo tasso di analfabetismo che riduceva a poche migliaia il pubblico dei lettori. Per fondare e stampare una gazzetta bastava infatti radunare un gruppo di sottoscrittori che mettessero a disposizione il relativamente modesto capitale iniziale necessario. Molti dei fogli che circolarono a Ferrara furono dunque strumenti di pressione politica nelle mani di ristretti e occasionali gruppi di potere, incapaci di dare vita a progetti editoriali di più lunga vita che ottenessero l’appoggio dei lettori. In tal senso la nascita a fine Ottocento di alcuni periodici che sarebbero stati pubblicati con continuità fino all’avvento del fascismo rispecchiò lo strutturarsi della società e dell’opinione pubblica ferrarese, come di quella nazionale, in relazione a più stabili e definiti blocchi politico-economici.
Nel 1885 il bi/trisettimanale «La Rivista», fondato nel 1878 con un programma “liberale onesto” e passato nel 1882 su posizioni democratiche estreme di ispirazione mazziniana, fu diretto da un comitato di redazione dominato dallo spregiudicato deputato Severino Sani, rappresentante cittadino dei democratici radicali, del quale sostenne la politica trasformistica e clientelare per diventare col nuovo secolo la voce dell’associazione degli agrari, fino al 1920, quando cessò le pubblicazioni. Si oppose alla deriva saniana dei democratici «L’Indipendente» (B 1889-95), organo dell’Associazione radicale della città e della provincia, mentre nel Novecento il nuovo corso democratico trovò espressione nel quotidiano «La Provincia di Ferrara» (1903-22). Anche in campo liberale all’autorevole «Gazzetta Ferrarese» si affiancarono due nuovi periodici: «“Il Lavoro»” (B 1895-1900), organo dei moderati-costituzionali, e, derivato da questo, il quotidiano «Il Mattino» (1897-99), su posizioni più conservatrici.
Con la fondazione di «La Scintilla» (S 1896-1922) il movimento socialista riuscì ad avere un proprio periodico rendendosi finalmente autonomo dalla stampa democratico-radicale cui fino allora era stato legato. Chiuso d’autorità in seguito ai fatti del 1898, il giornale riaprì nel 1900 grazie all’azione caparbia di Paolo Maranini e del gruppo dirigente, ma dopo le divisioni del congresso provinciale del 1904 risentì fortemente della lotta interna al partito divenendo di fatto il portavoce della fazione al momento prevalente. Le posizioni di minoranza furono così di volta in volta espresse dai massimalisti «Ferrara che veglia» (S 1901-02) e «La Favilla» (S 1909-10) o, sullo schieramento opposto, dal riformista «Il Pensiero Socialista» (S 1905-07) e da “Il Lavoratore” (1912-13), settimanale della Camera del lavoro di Cento; per circa un anno l’organo del partito a Copparo fu “Il Pantalone” (S 1894-95). Va infine ricordato il settimanale «Eva» (1901-03), il primo periodico femminile socialista edito in Italia, che a Ferrara ebbe i suoi difficili inizi prima di trasferirsi a Genova con la sua fondatrice e direttrice Rina Melli.
Organo ufficiale del movimento cattolico ferrarese dal 1895 al 1928 fu il settimanale «La Domenica dell’Operaio». Emanazione diretta della curia, fu sempre sottoposto all’autorità ecclesiastica e rigidamente allineato con le direttive pontificie. Forte di questa posizione e di un rigore dottrinale sconosciuto alle precedenti riviste cattoliche la «Domenica» combatté con forza polemica una battaglia ideologica su due fronti contro il liberalismo politico e il liberismo economico da una parte e contro il materialismo e il collettivismo socialista dall’altra. Sulla questione romana mantenne posizioni fermamente intransigenti sostenendo nel primo decennio di vita l’astensionismo politico in osservanza al Non expedit e in seguito appoggiando sempre più apertamente la partecipazione alle elezioni dei cattolici militanti e le alleanze clerico-moderate guidate dal conte Grosoli. Animato dalla missione di sottrarre le masse popolari all’influenza “scristianizzatrice” della propaganda socialista, fu in costante e accesa polemica su ogni tema sociale, economico e culturale con «La Scintilla» e con i giornali della sinistra radicale.
A Copparo, importante centro agricolo e capoluogo di un vasto Comune, si stamparono gli unici periodici di cronaca locale degni di menzione: «Il Progresso” (S 1900-01) e il «Giornale di Copparo» (S 1905-07), che sulle questioni amministrative spesso tenne posizioni contrapposte a quelle del «Corriere di Copparo», il supplemento locale della «Gazzetta Ferrarese».
Il torbido clima politico precedente l’entrata in guerra fu ben rappresentato sul piano della stampa dall’apparizione dei periodici: «Raffica» (1913), quindicinale di tendenza sindacalista rivoluzionaria, «Avanguardia» (1914), settimanale nazionalista, e del «Gazzettino Rosa» (1914-15), organo mensile del Fascio Anticlericale Studentesco, accesamente interventista.
Dopo la guerra, chiusi con la forza nel 1922 «La Scintilla» e «La Provincia di Ferrara»e presto confluiti nella stampa di regime «La Gazzetta Ferrarese» e «La Domenica dell’Operaio», l’uscita nell’aprile del 1925 del primo numero del «Corriere Padano. Quotidiano della rivoluzione fascista»”, voluto da Italo Balbo e diretto da Nello Quilici, segnò l’aprirsi di un nuovo capitolo nella storia del giornalismo ferrarese.
MT 2013
(Marcello Toffanello)
Bibliografia:
Amerigo Baruffaldi, “La Domenica dell’Operaio” espressione del movimento cattolico ferrarese a cavaliere fra Ottocento e Novecento, «Analecta Pomposiana», 15, 1990, pp. 233-57; Delfina Tromboni, La stampa periodica ferrarese tra la fine del ’700 e gli albori del ’900, in Storia del giornalismo in Emilia Romagna e a Pesaro dagli albori al primo Novecento, a cura di Giancarlo Roversi, Casalecchio di Reno (Bologna), Grafis, 1992, pp. 303-315; AA.VV., schede di periodici, in 1892-1992. Il movimento socialista ferrarese dalle origini alla nascita della repubblica democratica. Contributi per una storia, a cura di Aldo Berselli, Cento, Centoggi, 1992, pp. 83-96 e 175-183; Luciano Maragna, La Stampa Ferrarese. Giornali e Riviste Ferraresi (1848-1996), Ferrara, [Navale Assicurazioni], 1997; Oscar Ghesini, La Gazzetta Ferrarese: percorsi critico-letterari (1848-1899), Ferrara, Liberty house, 1999